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Approfondimenti su fede e vita

Tra passato e futuro: il 2 aprile

Vestizione di Giulia Vannini e Chiara Calderoni



Cammino che si apre. Cammino che si affaccia. Il 2 aprile è stato questo. E’ stato come quando si sente che sta per accadere qualcosa di importante, anche se non si sa con esattezza tutto, eppure è come saperlo. È come quando ricevi un invito. Un invito per una festa da qualcuno che ti vuol bene. Tu non sai quel che accadrà nei minimi particolari, quel che avranno preparato per te. Di una cosa ti puoi fidare, se lo vuoi: che la festa è per te, che persone amiche l’hanno organizzata, che qualcuno ha pensato e sta pensando a te, che qualcosa di bello accadrà, e che perché tutto questo avvenga tu ci devi essere. Poi nient’altro. Poi il resto è tutto da scrivere, tutto da vivere, tutto da cantare e ballare insieme.
È stato un giorno nostro, o meglio, è stato un giorno insieme.
Un invito, un altro invito, e poi un altro ancora. E ci sei. Ci siamo. Camminiamo. In un arcobaleno di canti e colori, in cui il dono dell’amicizia e della fraternità viene così intensamente vissuto in quell’esserci, in quella risposta all’appello che ognuno riceve, che si è senza parole. Si è senza parole di fronte alla vita che esuberante esonda e straborda da ogni parte, da ogni dove. Come un fiume che ti chiede: “Vuoi venire con me? E’ più bello insieme”.
Così è stato: siamo arrivate al 2 aprile come accompagnate, o forse più portate, da tutte le persone che in modi diversi c’erano, eppure nella sorpresa di scoprirsi poi anticipate, in quello spazio di adesione dentro di noi.
Siamo piene di gratitudine verso ognuno, verso ogni persona che semplicemente ha voluto esserci: ognuno parte della nostra vita per un pezzo, della nostra storia quel giorno. Tutti lì uniti da una festa, uniti dal bene. Intimamente e fraternamente insieme; soli, eppure non più uno senza l’altro. Mistero.
Non saremmo state le stesse senza chi è stato per due giorni a riempire panini, senza chi ha preparato, senza chi ci ha detto “ci sono”, senza chi ci ha dato quell’abbraccio, senza chi ha attraversato mezza Italia per esserci, senza chi si è commosso, senza chi non capiva il motivo di questa scelta, senza chi c’è ogni giorno accanto a noi, senza questa presenza così sottile eppure così concreta.
Entrando in monastero, insieme alla gioia di una novità di vita, si affaccia anche una paura, quella del distacco e della lontananza di ciò che c’era prima e non sai come continuerà ad esserci.
Invece preludio, compimento e promessa: “Avrai la vita piena di chi...non lo sai! ”...ed era proprio vero: in monastero non si tagliano i legami!
L’essere insieme quel giorno ci ha fatto pensare e ci fa pensare che Dio ci chiama così, a vivere insieme, desiderando l’essenziale della vita: imparare sempre di più a voler bene in maniera libera.
E allora senza parole, ma con mille note, e tutti insieme, celebriamo il dono della nostra amicizia. Celebriamo il dono della vita, celebriamo l’essere al mondo, celebriamo gli incontri tra di noi, celebriamo l’affetto tra di noi, celebriamo il mistero di storie che si incrociano e si lasciano. Celebriamo e ringraziamo. Rilanciando tutto nell’affidamento all’unico legame in cui tutto questo abita, il legame che Gesù ha vissuto, il legame che Gesù ha mostrato: il Padre. La Vita stessa. Perché questo si fa qui nella comunità in cui abbiamo chiesto di proseguire questa avventura: vivere la fraternità scoprendo Dio, celebrando insieme la vita che racchiude in ogni attimo il mistero dell’eternità.
Questo è stato il 2 aprile.
Il Tutto, in un frammento.

Chiara e Giulia