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Approfondimenti su fede e vita

A tutti sei venuto incontro, perché coloro che ti cercano ti possano trovare

Testimonianza di Sr. Maria Abir Hanna



“Papà, come mai oggi non ci sono più apostoli? E perché nessuno annuncia più il Vangelo? Gli apostoli non erano forse pochi e ciononostante sono riusciti ad evangelizzare il mondo morendo per il nemico? Perché oggi facciamo il contrario?”…Tutto comincia da questa domanda di una bambina di 11 anni che segna l’inizio di quel “filo rosso” della mia vocazione ad essere cristiana e monaca. Sono Sr. Maria Abir Hanna, monaca di vita contemplativa claustrale nell’Ordine di Sant’Agostino nel Monastero di S. Antonio di Padova a Pennabilli (RN) in Italia. Ho 37 anni, nata e vissuta nel Libano fino al mio ingresso in monastero qui in Italia nel 2003. Come sono arrivata lì? Come mai agostiniana e perché in Italia? Sono le prime domande che tanti mi fanno…ciò che mi dà la possibilità di dar lode a Dio nella mia storia e di rendere ragione della speranza che ha messo in me. Oggi più che mai sono felice e grata al Signore di poter farlo insieme a voi, fratelli miei in questo cammino di fede che senza dubbio è stato il grande strumento della Provvidenza di Dio nella mia vita, dove ho potuto conoscerlo ed ascoltare la sua voce, è stato il “deserto dove mi ha sedotto per parlare al mio cuore”, dopo un lungo periodo di lontananza e di ribellione.
Nata nel 1975 a Hadath in Beirut-Est, i primi 20 anni della mia vita sono stati fortemente segnati dalla guerra e dalla morte, spesso a causa di un’affermazione ideologica dell’identità cristiana puntandosi a vicenda le armi. Allora nel Libano, infatti, si parlava spesso d’identità cristiana che però, faceva riferimento a numeri, statistiche, alla carta d’identità stessa, dov’era obbligatorio annotare la confessione… ma non si accennava all’essenza dell’essere cristiano. Tutto era spesso basato su ideologie, come l’eliminazione di ciò che poteva minacciare la sopravvivenza dell’identità cristiana. Senso d’identità che io non riuscivo a riscontrare nel Vangelo e nel messaggio di Cristo, che mi annunciava un cristianesimo ben diverso. Così mi era nata quella domanda sopra citata. Lui, papà, mi aveva risposto dicendo: “figlia mia, prega il Signore e ti risponderà”. Eppure, a questa domanda pressante non trovavo risposte esaurienti e ho dovuto aspettare molto tempo. Prima, dovevo sperimentare fino in fondo io stessa, come si sta senza Cristo, senza Dio; abbandonarmi anch’io all’idea di un cristianesimo trionfalista e assaggiare tutta l’amarezza dello stare dal lato opposto. Un periodo di confusione, di buio, di ribaltamento dei valori; soprattutto, di lontananza da me stessa, e dal Dio dell’Amore e della Misericordia. Andavo in parrocchia più per obbligo famigliare che per senso vero di appartenenza alla Chiesa, vivendo una vita piena di doppiezze, e un senso di vuoto mi faceva sentire come rifiutata. Tuttavia, in quella lontananza così struggente, Dio ha immesso nel mio cuore una nostalgia interiore, un desiderio forte di trovare una risposta alle domande esistenziali che mi portavo dentro aprendo le orecchie del mio cuore all’ascolto della sua voce quando si è affacciato. Infatti, a 19 anni quando ero ormai completamente smarrita di cuore e incapace di chiedere aiuto, fosse anche a Dio, è stato Dio ad ascoltare i gemiti dell’anima mia. In me c’era un grido continuo a Lui e Lui mi ha risposto: Quell’anno arrivò il Cammino Neocatecumenale nella mia parrocchia. Era il 1994 ed io ero finita lì quasi per sbaglio. Era una delle ultime catechesi: l’Esodo. C’era un catechista che parlava della schiavitù d’Egitto e del popolo schiacciato dalla sofferenza e dalla disperazione. Io mi sono riconosciuta in quella parola. Era una persona perfettamente sconosciuta per me, ma stava parlando di quello che io vivevo. Non solo, ma mi annunciava una speranza, una liberazione, non da un esercito esterno, ma da ciò che schiavizzava il mio cuore. Ed io credetti! Bastò quel momento di abbandono alla Parola di Dio perché la mia vita prendesse tutta un’altra direzione, quella della conversione del cuore. Tuttavia la grande sorpresa è stata quella di trovare finalmente una realtà che corrispondesse a quel desiderio dell’infanzia: persone che annunciano il Vangelo, la Buona Novella e la possibilità di vivere l’esperienza dei primi apostoli!
Decisivi sono stati i pellegrinaggi vissuti col Cammino Neocatecumenale. Ognuno racchiudeva una grazia e tracciava quel filo rosso della mia storia con Dio. I pellegrinaggi mi hanno permesso di conoscere il vero volto della Chiesa e della Cristianità, di riconoscere la paternità e la maternità nella Chiesa nella figura del Santo Padre e nei fratelli, nell’umanità. E mi scoprii preziosa agli occhi di Dio e della Chiesa, figlia amata e desiderata. Questa scoperta ha cambiato la mia vita, mi ha fatto ripensare il mio futuro, le mie scelte che pensavo fossero già consolidate. Mi lasciai con il mio fidanzato perché sentii che c’era nell’orizzonte qualcos’altro per me, senza dubitare ancora minimamente che potesse essere la vita contemplativa. La cosa più importante non fu più andare dietro ai miei sogni, perché ho scoperto il Sogno di Dio per me che trovava la sua radice in quella domanda dell’infanzia. E mi resi conto che ciò che mi premeva di più era dire al mondo ciò che Cristo ha fatto per me, annunciare Cristo a tutti, in modo particolare, a coloro che lo cercano affannosamente senza nemmeno saperlo, agli ultimi, agli emarginati, a coloro che spesso guardiamo come i “fuori dalla Chiesa”. All’inizio mi sembrava una presunzione da parte mia, finché non ascoltai una volta con attenzione la preghiera eucaristica IV e sentii quelle parole che in un istante mi hanno fatto rivedere tutta la mia vita e il senso del mio esistere: “E quando, per la sua disobbedienza, l'uomo perse la tua amicizia, Tu non l'hai abbandonato in potere della morte, ma nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro, perché coloro che ti cercano ti possano trovare”. È bastato questo raggio per penetrare il senso di tutto il mio vissuto con questa nuova luce e mettere insieme le cose, soprattutto per capire che quella domanda da tanto in attesa di risposta era ormai risolta: voglio vivere la mia esistenza cercando Dio, viverla in Lui e per la Chiesa “perché coloro che lo cercano lo possano trovare”. Spinta da questo desiderio, cominciai ad avere tante grandi idee: fare la missionaria, fare l’apostolato presso i moribondi, annunciare il Vangelo … Avevo tante attrattive e spesso volevo farle tutte insieme. Nel 1997, c’è stata la visita del Papa Giovanni Paolo II al Libano, ma era anche l’anno della GMG di Parigi. Due avvenimenti che hanno segnato il mio cammino per sempre. Nel primo ho scoperto che quella mia inquietudine era la stessa di S. Teresina, e che la risposta era nello stare nell’Amore, cuore della Chiesa, nella la vita contemplativa. Nel secondo c’è stato proprio l’incontro con la realtà monastica agostiniana di Pennabilli, paese originario di Filippo di Mario, allora catechista del Medio Oriente. Questa realtà monastica esercitava su di me un’attrattiva ed insieme una paura e l’ho fuggita finché ho potuto. Ma il Signore mi aspettava lì da sempre. Mi erano stati di grande aiuto in quegli anni di discernimento, il cammino condiviso con la mia comunità di Hadath e soprattutto con i catechisti che con pazienza mi hanno guidata insieme al padre spirituale. Dal 2001 al 2003, ho avuto la grazia di partire in itineranza nel Sudan e in Finlandia. Due realtà completamente opposte nella forma, ma, sostanzialmente parlano di unico bisogno dell’uomo: quello di incontrare il Risorto nella propria vita. Capii che il problema dell’uomo non era il “pane”, ma il senso della vita che si svela nel sentirsi amati e voluti da Dio, nel cercare il Suo Volto, in ultima istanza nella vita interiore. Proprio come dice S. Agositno: “Ci hai fatti per Te Signore e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in Te”. È stata una considerazione che mi ha riaperto gli occhi alla vita contemplativa. Nell’ultimo pellegrinaggio che feci con la comunità per la GMG di Toronto nel 2002, sentii profondamente dentro di me, non più uno slancio emotivo, ma una disponibilità a fare un’esperienza di tre mesi nel monastero agostiniano di Pennabilli dove mi trovo ora.
Lì, ho potuto incontrare più profondamente il nostro carisma agostiniano, che guarda caso, riprende proprio lo stile di vita della prima comunità di Gerusalemme e fa della ricerca di Dio l’elemento fondante del nostro vivere insieme, non solo, ma apre anche l’esperienza del monastero all’esperienza della Chiesa: “Ecclesiola in ecclesia Dei” (una piccola chiesa nella Chiesa). Ed ecco, avevo finalmente trovato tutto quello che da sempre cercavo! Tutti i miei desideri erano racchiusi in questo carisma, dove vita contemplativa, comunitaria e apostolica, s’intrecciano in un’unica vita! La vita monastica agostiniana come scuola di vita cristiana, luogo di comunione con Dio e con gli uomini, di ascolto della voce del Cristo che parla anche oggi nella sua Chiesa e vuole essere conosciuto e amato da tutti; la vita monastica agostiniana come compimento di quella identità cristiana tanto ricercata e desiderata, è la vita per me! Questa identità non ha bisogno di essere difesa dagli altri, perché è custodita in Dio e si nutre della sua stessa sete: “Dare la vita per gli amici”. Qui, in questa vita, il Signore mi ha fatto la grazia di addentrarmi nel mistero della maternità della Chiesa, e ho potuto fare la scoperta della vita contemplativa come “vita uterina” cioè vita nel “Raham”, nella misericordia di Dio, dove viene rigenerata e custodita la vita di ogni uomo. Stare nell’utero della Chiesa è vivere la libertà di essere madri per tutti, per i vicini e per i lontani e portare in noi le loro sofferenze e miserie, le loro gioie e aspirazioni. Il nostro ruolo d’intercessione si capisce solo alla luce di questo “stare in mezzo”, come “grembo” che accoglie il grido, lo assume totalmente in uno stare “di fronte” a “Colui che ascolta la preghiera”. Proprio come una sposa attende fiduciosamente l’arrivo dello sposo.
Il Signore ha portato a compimento l’opera sua nella mia debolezza, mi ha dato la serenità di essere Sua, perciò finché esisto canterò le sue meraviglie nella Grande Chiesa.

Sr. Maria Abir della Misericordia